Nguyen Ngoc Loan crebbe in una
famiglia di undici figli, figlio di facoltoso ingegnere, scelse la carriera
militare come pilota aeronautico, fece massacrare parecchie centinaia di
soldati ribelli e oltre cento civili
Nguyễn Ngọc Loan era un generale di brigata dell'Esercito della
Repubblica del Vietnam, posto a capo della polizia nazionale, accusato di
essere sanguinario in seguito ad un fatto di cronaca immortalato in una
fotografia che fece il giro del mondo.
Nguyễn, infatti, giustiziò
sommariamente e brutalmente Nguyễn Văn Lém, un prigioniero Viet Cong,
di fronte ad un cameraman dell'NBC e ad un fotografo dell'Associated
Press, Eddie Adams, il 1º febbraio del 1968; benché taciuta alla
pubblica opinione, l'accusa nei confronti del Viet Cong sommariamente
giustiziato era quella di avere assassinato alcuni famigliari del generale
Loan.
Nella foto, Nguyễn Văn Lém è prigioniero, le sue mani sono
state legate ed è di fronte ai giornalisti. Il Generale Loan, estratto il suo
revolver, tranquillamente uccide il prigioniero con un singolo colpo alla
tempia destra.
Lasciò il Vietnam durante la caduta di Saigon, nel 1975.
Nonostante fosse accusato di avere violato palesemente la Convenzione di Ginevra, non fu mai
perseguito per crimini di guerra grazie alla protezione degli Stati Uniti
d'America.
Si rifugiò in Virginia ed aprì un ristorante pizzeria,
ma dovette venderlo dopo che il suo passato fu di nuovo di dominio pubblico nel
1991, quando un cliente abituale gli scrisse "sappiamo chi sei" su
una porta del suo ristorante.
Oriana Fallaci andò ad
intervistarlo nel ristorante di sua proprietà (Intervista con la storia).
È morto di cancro il 14 luglio
1998 a Burke, in Virginia, un sobborgo di Washington (distretto di Columbia).
La vedova di Lém confermò che suo marito era un membro dei
Việt Cộng e che non lo vide più dopo l'inizio dell'offensiva del Têt. Benché
alcuni critici ancora sostengano che l'azione di Nguyễn Ngọc Loan abbia violato
la convenzione di Ginevra per il trattamento
dei prigionieri di guerra (Nguyễn Văn Lém non stava portando un'uniforme né
stava combattendo contro presunti soldati nemici, come è risultato dalla
commissione contro i crimini di guerra), i diritti di prigioniero di guerra venivano accordati
ai Việt Cộng a condizione di essere catturati durante le operazioni militari;
quelli considerati come guerriglieri erano soggetti soltanto alle leggi del
governo sud-vietnamita, che in ogni caso non prevedevano la morte senza
processo per i prigionieri.
Tuttavia il vietcong in questione era stato arrestato dopo
che aveva tagliato la gola ad un ufficiale sud vietnamita, sua moglie e sei dei
suoi figli (uno dei quali sopravvisse) per essersi rifiutato di mostrare ai
vietcong come operare dei carri armati che erano stati catturati da questi e di
conseguenza, in base alla Convenzione di Ginevra del 1949, l'ufficiale vietcong
Nguyễn Văn Lém aveva violato lui stesso le leggi di guerra in merito ai
prigionieri e non portando con se un'arma e una divisa che stabilisse la sua
appartenenza, non poteva essere considerato come prigioniero di guerra, ma
semmai come franco tiratore, dove, per le leggi internazionali, il franco
tiratore (o unlawful combatant in inglese) che si macchia di crimini di guerra
può essere giustiziato dagli organi competenti, posto a seguito di un
regolare processo; tuttavia, nel 1968, questa regola veniva generalmente
interpretata come se il franco tiratore avesse diritto ad un processo, a
meno che condizioni particolari ed eccezionali impediscano agli organi
competenti di giudicare l'imputato (come poteva essere interpretata nel caso
dell'offensiva del Tet, che aveva quasi comportato l'invasione del Vietnam del
Sud): in quel caso il franco tiratore poteva essere giustiziato dall'ufficiale
superiore in comando dell'unità militare e solo con successivi chiarimenti
della interpretazione stessa, si stabilì l'inviolabilità della sentenza di un
processo militare per giustificare l'esecuzione.
Saigon, 1 febbraio 1968: un Viet Cong era stato catturato sul luogo di
una strage di civili, una
trentina di corpi gettati in una fossa dai guerriglieri nordvietnamiti. Eddie
Adams, fotoreporter della Associated Press, era sul posto e
cominciò a scattare mentre il prigioniero in camicia a scacchi, calzoncini
corti, scalzo, veniva circondato da soldati dell’Esercito del Sud Vietnam. Lo
portarono fino alla jeep del comandante sudvietnamita, il generale Nguyen Ngoc
Loan. L’ufficiale scese dal veicolo, tirò fuori la pistola, la puntò alla
tempia del ragazzo Viet Cong. E sparò. Una frazione di secondo, la macchina
fotografica di Adams colse l’orrore del volto che si contraeva, poi il corpo a
terra, rattrappito negli spasimi della morte.